Proseguono gli appuntamenti della rubrica “Il gusto e la ragione”. Il Consorzio vi invita Giovedì 3 Maggio, alle ore 15,30 ad assistere alla conferenza “Cucinare le parole” come sempre in Villa Sauli, alla ricerca del sottile filo tra idee, emozioni, pensieri e cibo…Particolarmente interessante è il quesito che si porrà al nostro prossimo incontro: ”l’uomo è davvero ciò che mangia?” o forse, questo, è soltanto un modo di dire?
Beh, le argomentazioni in proposito sono affascinanti e molteplici. Tuttavia nessuno può negare l’esistenza di un rapporto essenziale tra l’individuo e la sua alimentazione senza la quale, ovviamente, non ci sarebbe vita. E’ palese , quindi, come il cibo che introduciamo nel nostro corpo diventi poi il corpo stesso. E quindi una buona alimentazione è alla base di una buona situazione fisica così come una buona situazione fisica è indispensabile ad una buona disposizione psicologica. Ed ecco che il quadro dell’unità psicofisica individuale si concretizza e si completa a dispetto di quei pensatori che, a partire dallo stesso Platone, hanno dualizzato la realtà antropologica. Quindi, senza perderci troppo, in disquisizioni filosofiche che qui potrebbero parere fuori luogo, ci corre l’obbligo di citarne una sola, significativa, valida per ogni tempo: quella del pensatore tedesco Feuerbach che così recita:” “La teoria degli alimenti è di grande importanza etica e politica. I cibi si trasformano in sangue, il sangue in cuore e cervello, in materia di pensieri e sentimenti. L’alimento umano è il fondamento della cultura e del sentimento. Se volete far migliorare il popolo, in luogo di declamazioni contro il peccato, dategli un’alimentazione migliore. L’uomo è ciò che mangia”. Difficile dargli torto, basta guardare gli eventi della storia per capirlo. Gli antichi dicevano “Primum vivere, deinde philosophari”, ossia nutrendo il corpo si nutrono anche i pensieri ed un corpo ben nutrito non può che avere buoni pensieri. Ecco quindi spiegato il perché il nostro filosofo si scaglia contro le mortificazioni della carne spesso gabellate quale sintomo di distacco dal terreno e vicinanza all’etereo. Significativo, al proposito, è il dialogo nel Don Chisciotte tra il suo cavallo Ronzinante e quello del Cid Babieca quando il primo risponde al questo del secondo e spiega la sua magrezza dicendo “Non è che sono metafisico, è che non mangio”.
Allo stesso modo, quando si parla di conflitti per la sopravvivenza tra gli uomini, non è forse che questi sono avvenuti per avere la sicurezza di poter soddisfare il più elementare dei bisogni primari: quello del cibo, soddisfatto il quale, l’aggressività si sposta verso altri obiettivi, pur restando ineludibile sempre il primo. Si potrebbe discutere a lungo su quanto appena affermato finendo ineluttabilmente, come sostenuto da Feurbach, nell’ambito dell’etica e della politica in senso stretto. Dovremmo quindi affrontare il tema delle migrazioni, della giustizia sociale, della tutela e dell’equa ripartizione delle risorse del pianeta. Insomma dovremmo affrontare dei temi che tutti noi conosciamo, ma che, molto spesso, noi “pance satolle”, pensiamo sia meglio far finta di non saper e non vedere.
Ma tralasciando, per il momento, queste riflessioni e giungendo alle ragioni del nostro incontro troviamo come la cucina sia una potenziale espressione di civiltà e come tale comprensiva di quanto l’uomo, visto nella sua integrità psico-fisica, riesce ad esprimere. Dalla condivisione del cibo quale momento non solo di convivialità ma anche di empatia (compagno da Cum-panis, ossia colui insieme al quale divido il mio pane) sino al cibo come espressione di appartenenza ad un gruppo sociale per arrivare alla sofisticatezza del cibo inteso come arte e scienza vera e propria.
C’è quindi molto da discutere, ed è proprio il caso di dirlo, per tutti i gusti e crediamo che migliore occasione del nostro prossimo incontro non possa esserci.
A presto rivedervi tutti quanti
Andrea VELLA