Eccoci di nuovo a bussare alla porta delle vostre cucine con due proposte che hanno il profumo di antica Liguria, regione che, pur affacciandosi sul mare, ha valorizzato al massimo le verdure coltivate sia nell’entroterra, sia negli orti ricavati ovunque possibile, soprattutto, nel greto dei nostri corsi d’acqua. E’ noto a tutti come il termine dialettale bezagnino, oggi significante venditore di frutta e verdura, derivi, appunto dal Bisagno, torrente lungo il quale prosperavano gli ortolani dai quali i genovesi acquistavano quanto la stagione poteva offrire. Questo avveniva per gli abitanti della città, mentre nelle campagne non vi era contadino che non provvedesse in proprio alle necessità di cucina.
È proprio nelle cucine dei genovesi che prendeva bollore il cosiddetto menestrun ossia il classico, caratteristico minestrone che riempiva del suo profumo tutta la casa. Delle sue origini sappiamo soltanto che, già al tempo dei Romani, un piatto del genere era conosciuto, soprattutto tra le classi popolari che, non disponendo di quanto la tavola dei ricchi abbondava, si nutrivano facendo bollire, insieme a cereali, lenticchie, fave e ceci, le verdure disponibili. Probabilmente proprio dai Romani deriva la parola che indica il nostro piatto: ministrare, ossia porzionare, termine che richiama alla mente l’immagine di un desco familiare con la padrona di casa che, munita di mestolo, versa nel piatto dei commensali questa fumante armonia di sapori volta a ristorare, soprattutto durante la cattiva stagione, i corpi e le anime di chi attende con il cucchiaio in mano.
Da allora ad oggi di cose ne son successe e di tempo ne è passato, ma questo piatto è comunque arrivato, con aggiunte e varianti a seconda della zona di confezionamento, a noi che lo possiamo assaporare in una versione ormai arricchita in modo tale da non essere più l’umile preparazione di un tempo, tant’è che lo si può trovare anche nel menu di alcuni celebri ristoranti. Non essendo, dunque possibile, come ben potete immaginare, parlare di tutte le sue versioni sparse per la penisola, ci limiteremo, qui, a raccontarvi del menestrun zeneize che, differenziandosi dai suoi cugini, si sostanzia esclusivamente di verdure con l’aggiunta di alcuni piccoli accorgimenti e di una lunga e discreta cottura. Di questo primo piatto esistono varianti diverse a seconda della disponibilità degli ortaggi di stagione e, perché no, anche dei segreti della cuoca di casa che per renderlo il più appetitoso possibile, sa quali accorgimenti usare oltre a quello fondamentale della lunga cottura a fuoco moderato, che consente alle verdure di assumere quella consistenza morbida e quell’aspetto quasi sfatto che non solo lo distingue dal classico passato id verdura, ma che conferisce quel gusto particolare prodotto dal fondersi dei vari sapori in un’unica armonia.
Fondamentalmente le versioni di partenza del menestrun sono due: quella con il soffritto e quella senza: ognuna di esse ha una sua specifica caratteristica che val la pena di provare insieme a quella più usuale della crosta di grana che, inserita e ammorbidita durante la bollitura, costituisce una sorta di golosità per i piccoli di casa. Tuttavia quello che accomuna le due versioni è l’inserimento della genovesità a fine cottura, ossia l’ultimo tocco costituito dall’abbondante cucchiaiata di pesto. Il minestrone così preparato è stato per lungo tempo il piatto principe delle tavole contadine e non solo. Chi può vantare di esser diversamente giovane ne ricorderà certamente il profumo che, esalando dalla pentola di coccio, si spandeva per la casa come la promessa di un qualcosa di buono che avrebbe premiato la non breve attesa. Un discorso a parte va fatto per la pasta che, a buon diritto, può far parte del nostro piatto.

Volendo esser ligi alla tradizione, tre son le opzioni possibili: i bricchetti, praticamente degli spezzoni di spaghetti grossi e lunghi circa quattro centimetri, lo scucuzzu costituito da grani somiglianti alla fregola sarda e il cui nome si richiama a quello del cous-cous, che eracertamente conosciuto dai genovesi durante i loro traffici mediterranei, in ultimo non resta che il riso.
Completata l’operazione di cottura conviene servirlo quando avrà raggiunto la giusta densità che, per restar nella regola prevista dai più tradizionalisti, dovrebbe esser quella che consente al cucchiaio di restar ritto nel piatto una volta che questo vi è inserito. Una bella spolverata di grana, un filo d’olio extravergine, se lo si gradisce, e il piatto è pronto per essere consumato caldo, tiepido o anche freddo la sera o l’indomani, cosa particolarmente gradita a molti nostri conterranei. Ora non resta che seguire i suggerimenti del nostro Santino e cimentarsi in qualcosa di un po’ più lungo del solito, ma non particolarmente difficile.
MINESTRONE
Ingredienti:
1 cipolla, 2 carote medie, una costa di sedano, 100 gr. di fagiolini freschi, 200 gr. tra piselli, fave, fagioli borlotti secchi, il tutto ammollato in acqua dal giorno prima, un quarto di verza bianca tagliata julienne, tre foglie di cavolo nero e un mezzo mazzetto di bietole tagliate come prima, una zucchina, 100 gr. di zucca, uno spicchio d’aglio, una patata. Il tutto dovrà essere tagliato a cubetti. In aggiunta alla fine mezzo cucchiaio di pesto per ogni commensale e olio EVO a piacimento. Chiaramente le verdure elencate possono essere anche arricchite con altre di stagione che avrete a disposizione in quel momento.
Preparazione:
porre il tutto in una pentola nella quale avrete salato l’acqua, che coprirà abbondantemente le verdure. Procedere nella bollitura a fuoco dolce per almeno tre ore. Resta sottinteso che, in caso occorra, si debba aggiungere eventualmente altra acqua. Quando le verdure saranno cotte al punto di cominciare a sfarsi è il momento di calare la pasta. A fine cottura servire in fondine dopo aver aggiunto per ogni piatto il pesto, una spolverata di parmigiano e un filo di olio EVO a piacere.
Preparando il minestrone in questa stagione, tra le verdure che avrete a disposizione, con buona probabilità, vi sarà anche un cavolo verza di quelli chiari, ebbene, anche con questo è possibile preparare un ottimo secondo piatto molto saporito senza eccedere nei costi. Come procedere? Anche qui non vi sono particolari difficoltà: basta utilizzare poco più delle solite cose che si hanno a disposizione nel frigorifero per ottenere un qualcosa di particolarmente gustoso ed invitante. Si tratta di un altro piatto, come ben avrete compreso, della cucina non ricca che sta a metà tra i cannelloni e gli involtini di greca memoria che, se opportunamente presentato, non vi farà sfigurare anche nel caso abbiate ospiti.

Come detto l’ingrediente fondamentale è la comune verza, alimento già conosciuto dai Romani che lo usavano per curare diverse malattie e che, consumato prima dei loro non spartani banchetti, pare garantisse una maggior resistenza ai fumi dell’alcool. Tralasciando queste considerazioni, sappiamo tuttavia come questo ortaggio sia particolarmente salutifero grazie al suo ricco patrimonio di vitamine e minerali. Originario delle coste mediterranee, è possibile trovarlo ora in diverse colorazioni e consistenze, comunque, al caso nostro, si presta la verza dal colore chiaro e dalle foglie rugose, meglio ancora se questa ha subito i rigori dell’inverno che la rendono ancora più saporita.
CAVOLO VERZA RIPIENO
Ingredienti:
sei foglie intermedie di cavolo verza, 150 gr. di carne trita, 150 gr. di salsiccia spellata, un panino ammollato nel latte e strizzato, un’abbondante grattugiata di parmigiano, maggiorana e uno spicchio d’aglio tritati finemente, odore di noce moscata, sale e pepe q.b. A parte preparate, come siete solite, una salsa di pomodoro non troppo densa.
Preparazione:
lavare e sbollentare le foglie della verza. Farle raffreddare in acqua fredda, stenderle e asciugarle. Amalgamare bene la farcia, riempire con questa le foglie che avrete arrotolato intorno ad essa come si fa con i cannelloni. Disporre il tutto in una teglia che avrete unto, ricoprire con un mestolo di salsa di pomodoro che avrete preparato a parte e spolverare il tutto con il parmigiano al quale avrete mescolato poco pan grattato. Gratinare il tutto in forno a 180 gradi.
Anche questo piatto, come dice Santino, non presenta particolari difficoltà e può essere preparato in precedenza e intiepidito prima di essere servito accompagnato, come per il minestrone, da un buon vino rosso, ricco di corpo e di sapidità per il quale non avrete, di certo, se non l’imbarazzo della scelta potendo, questa volta, ricorrere anche a quelli del vicino Piemonte che non vedono l’ora di maritarsi con le golosità appena descritte.