Il basilico di Pra’

Parlare di Pra’ senza parlare di basilico e quindi di pesto è cosa assai difficile. Da tempo immemore questo borgo ponentino richiama alla mente la celebrata erba dei re che, proveniente dall’Asia Minore, dopo avere preteso, non sappiamo con quale esito, ma consigliamo vivamente di non sperimentarlo, di guarire dalla puntura degli scorpioni, è riuscita, proprio in questo scorcio di territorio, a dare il meglio di sé sulla tavola. Forse sarà la tipologia del terreno, forse l’aria e o forse saranno altre caratteristiche a conferire un aroma esclusivo a questa pianta le cui foglie, unite ai poverissimi ingredienti della cucina di un tempo, lavorati dalle pazienti mani delle nostre donne, hanno prodotto quell’autentico miracolo per il palato chiamato universalmente pesto. Non è certo questo il luogo idoneo per parlare del condimento bandiera della Liguria poiché già qualificate e innumerevoli penne si sono cimentate nel rivelarne origini e misteri della preparazione, dando ragione delle differenze organolettiche derivanti dalle diversità di preparazione a seconda che essa avvenga con artigianale rigore nel mitico mortaio di marmo o, con grande scandalo dei legittimisti, nei vituperati, ma pratici e veloci elettrodomestici.

Si è detto di tutto e di più e, credo che gli antichi genovesi, quando, per la prima volta, utilizzarono questa salsa mai avrebbero immaginato quanto inchiostro si sarebbe versato per esaltarne le virtù gastronomiche. Un fatto resta, comunque, universalmente riconosciuto: il basilico di Pra’ è il sovrano riconosciuto, il migliore in assoluto. Ciò è indiscutibile; non serve essere una forchetta raffinata per cogliere le differenze tra un pesto preparato in loco con questo basilico ed un altro prodotto soltanto pochi chilometri più in la. Ed è in questo contesto che si è sviluppata, grazie all’impegno di giovani una giovane, ma straordinaria azienda che domina da un’incantevole posizione su una delle colline di Pra’ uno scorcio di mare del quale neppure le cataste di containers che affollano il porto sono riuscite a cancellare . “Le serre sul mare” è, appunto, il nome dell’azienda agricola, nata nel 2002, alla quale Stefano Bruzzone ed Alessandro Ferrari, hanno dato vita come ad una scommessa partita dall’amore per la loro terra. Da allora molto è cambiato: oggi il tutto si presenta come una struttura avviata che copre buona parte d della collina su cui sorge in Via Ascherio, quasi sulla sommità di Via Villini Negrone presentandosi come un ordinato insieme di serre e di laboratori di produzione.

Anche qui nulla è lasciato al caso: l’azienda, nel tempo, è cresciuta offrendo anche lavoro, ma ha mantenuto la tradizione nella cura del basilico: dalla semina alla raccolta tutto è calibrato e monitorato in ogni momento. Non si fa assolutamente uso di prodotti chimici né durante lo sviluppo della pianta e neppure durante la produzione della salsa che avviene rigorosamente in loco con tutte le garanzie igieniche indispensabili per un prodotto sicuro sotto ogni aspetto. E sono proprio queste attenzioni che hanno consentito a questa azienda di superare anche momenti difficili seguiti alla diffusione della peronospora, combattuta e vinta con degli accorgimenti tecnici tali da evitare di combattere il fungo con qualsiasi prodotto chimico. Chi, oltrepassato il cancello delle Serre sul mare e sale per la collina tra i cespugli di salvia e di rosmarino ben presto si trova a contatto con il profumo del basilico che cresce, abbagliato dalla luce del mare che, a quella distanza, neppure i moli e le cataste di containers riescono a nascondere. Già dal primo capannone, affiancato dagli uffici, si nota un darsi da fare di persone che avviano alla distribuzione delle grosse scatole di cartone appena riempite di mazzi di basilico il cui profumo riempie l’aria. Sono mazzi particolarmente ricchi che non riservano, appena sfasciati la sorpresa dell’umiliante segatura bagnata, ma bensì quella delle zolle di terra nella quale la pianta è cresciuta, garantendo così all’acquirente una conservazione del prodotto il più possibile corretta e naturale.

Ma non è finita qui, per chi non sapesse o non volesse prepararsi il pesto, ha subito una valida alternativa: la confezione del pesto pronto nel formato idoneo per soddisfare tutte le esigenze: da quelle monodosi a quelle utilizzabili per una comunità. Già il colore, visto attraverso la trasparenza del vetro non lascia dubbi: gli ingredienti sono quelli giusti e ci sono tutti, niente è lasciato all’improvvisazione o al facile guadagno a dispetto della qualità tradizionale: i pinoli sono quelli di Pisa, il pecorino davvero tale così come il parmigiano reggiano è scelto con la giusta stagionatura e l’olio è extravergine di oliva. Niente pinoli cinesi, niente anarcardi od olii strani, l’unica variante che si concede a chi è un poco più capriccioso di altri il pesto senz’aglio, diversamente non vi sono altre alternative: il pesto è quello e quello deve restare. Tuttavia ad un visitatore attento non sfugge la presenza di vasetti dal contenuto di un colore diverso: è la salsa di noci, un altro prodotto tipico della nostra regione con il quale si condiscono i caratteristici “pansoti”, anche questa preparata secondo la tradizione più rigorosa costituisce una valido aiuto per le massaie decise, risparmiando tempo, a far bella figura in tavola. Questa, dal bel colore ambrato chiaro, tipico delle noci appena sgusciate e liberate dalla pellicina che le ricopre, si accompagna anche con altri tipi di pasta così come il pesto si sposa non soltanto con i nostrani gnocchi o le trenette, ma anche con altre preparazioni

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