Una leccornia tipica più specificatamente del ponente ligure tra cui spicca Voltri è la “fugassa”, calda, morbida focaccia di frumento irrorata d’olio e cosparsa di grani di sale nelle fossette lasciate dalla punta delle dita.A quella classica co-o l’euio si è poi aggiunta quella co-a cioula, con le patate e con la polpa d’olive. La focaccia e la tradizione della sua antica preparazione è così radicata nei genovesi che è diventata un presidio slow food.
La sua origine è antichissima ed è praticamente impossibile riuscire a ricrearla fuori dalla Liguria. Secondo Slow Food la preparazione deve durare in media 8 ore. Per gustare la focaccia genovese esistono veri e propri riti uno dei quali ci invita ad assaporarla al contrario in modo che le papille gustative incontrino prima il sapore del sale, poi quello gentile dell’olio e infine quello rassicurante della pasta. Un modo tutto genovese è poi quello di inzupparla nel cappuccino. I genovesi,o meglio i voltresi DOC talvolta riconoscono la qualità e bontà della focaccia proprio gustandola in questo modo.
Dietro la fama odierna della focaccia si nascondono origini molto povere; l’ottimo sapore unito al basso costo di produzione la portò a diventare uno dei cibi più apprezzati e consumati. Pare infatti che alla fine del 1500 fosse usuale consumare la focaccia persino in Chiesa durante la benedizione di matrimoni o nel corso delle onoranze funebri. L’ usanza era talmente radicata che Matteo Gambaro vescovo di allora si vide costretto a minacciare scomuniche, soprattutto nei confronti degli aristocratici, se non fosse cessato il costume di cibarsi si quella frugaglia o pitanza, nomi con i quali si definiva ai tempi la focaccia. Da quel momento in poi la preparazione della fugassa assume sempre più carattere rituale non solo nelle mani di abili massaie ma anche di bravi fornai.
Gli ingredienti sono pochi e semplici: farina di frumento, acqua, olio extra vergine d’oliva e sale ma nonostante questa semplicità è sempre più difficile trovare, al giorno d’oggi, la vera focaccia genovese perchè i fornai tendono sempre più ad abbassare il quantitativo di olio d’oliva per sostituirlo a strutto o ad olio di sansa decisamente meno gustoso. È proprio per questo motivo che è nato il presidio Slow Food, per disciplinare la produzione e garantire al consumatore d’ assaggiare la vera fugassa genovese.
Noi di Voltri sappiamo però molto bene dove recarci per gustare questa leccornia. Che sia di Marinetta o Priano poco importa perchè entrambe queste focacce sono degne di molta considerazione; focacce che tutti i forni cercano di imitare ma che nessuno, giuro, riesce ad eguagliare. La focaccia con la polenta nasce nel 1910 grazie all’ingegno gastronomico del sig. Giuseppe Dagnino (Riccia). Questa specialità si poteva gustare tanto a colazione con un buon bicchiere di vino bianco quanto a cena. Si diceva infatti che con una palanca si poteva acquistare un tocco de fugassa con suvia a fainà.Vicino alla stazione ferroviaria c’era il chiosco del sig. Baciccia che vendeva la focaccia del Riccia ai passeggeri del treno in sosta mentre davanti al forno venne addirittura istituita una fermata del tram per dar modo sia all’autista sia ai viaggiatori di scendere e gustare questa leccornia che deve la sua fama al di fuori di Voltri alla tappa della Milano Sanremo. Nel 1921 Simone Dagnino figlio del Riccia si mette in proprio e il suo forno si ingrandisce sempre più fino a quando nel 1924 viene rilevato dai fratelli Priano che hanno avuto l’onore di imparare i trucchi del mestiere e di portare gli antichi sapori di Voltri nel terzo millennio.
Il forno di Marinetta è il più antico di Voltri e venne rilevato da quest’ultima nel 1946 subito dopo la guerra. Da allora questa famiglia ha dedicato tutta se stessa alla produzione della buona focaccia tanto da farla diventare la specialità numero uno di Voltri. Vito Elio Petrucci commediografo e poeta genovese vi dedicò persino una poesia dove descrive accuratamente cosa si prova a mangiare questa prelibatezza. Marinetta produce la sua focaccia proprio come 50 anni fa rispettando i tempi di lievitazione e scegliendo accuratamente le sue materie prime. Ancor oggi a Genova, sin dal mattino, si possono vedere persone di ogni età e ceto sociale gustare golosamente “a fugassa in to papè de strasse” avvolta nell’apposita carta e immortalata nei versi del sopracitato Vito Elio Petrucci.