Spesso non ce ne rendiamo conto, ma il nostro territorio è costantemente soggetto a mutamenti, ambientali, sociali ed economici. Per una volta, vogliamo raccontare qualcosa di positivo, non di alluvioni o frane, non di piccoli paesi dell’entroterra che si spopolano e languiscono, ma di giovani ragazzi che, con un briciolo di incoscienza e molta voglia di mettersi in gioco, aprono in queste località sperdute dell’entroterra del Genovesato attività agricole decisamente interessanti. Oggi l’associazione “Consorzio il Cammino di Santa Limbania” è stato in una di quelle valli laboriose, a Sassello (SV), e più precisamente nella frazione di Maddalena, per raccontarvi una storia di rinascita e di riscoperta delle tradizioni allo stesso tempo.
Qui, tre ragazzi del Ponente genovese – Fabio Damonte, Giorgio Vallarino e Fabio Quartino – hanno deciso di fondare nel 2017 un’impresa di elicicoltura, la “Chiocciola del Beigua s.s.a”, che oggi, dopo due anni di pratiche burocratiche, nonché di duro lavoro per dotare l’azienda di tutto il necessario per renderla funzionale allo scopo, è finalmente pienamente operativa. Uno di questi ragazzi, Fabio, ci ha concesso gentilmente una corposa intervista per presentare meglio la propria attività e renderla nota anche ai nostri Associati. I nostri inviati del Consorzio hanno posto al sig. Quartino un totale di cinque domande, atte a scoprire tutti i retroscena di questa curiosa e antica attività. Dal momento che ci sembrava riduttivo ricomporre l’intervista come un testo completo, ve ne proponiamo dunque la versione integrale, con la speranza che possa risultare più interessante.
Cosa vi ha spinto ad aprire un’attività così singolare?
L’idea è nata nell’inverno del 2015. Ci siamo arrivati ragionando su quale tipo di allevamento potesse garantire un minimo di reddito in Liguria. Siamo visceralmente attaccati al nostro territorio ed il sogno è farne il nostro luogo di lavoro. L’elicicoltura non necessita di grandi superfici rispetto agli allevamenti tradizionali, però servono terreni pianeggianti, che nella nostra regione sono scarsissimi e soprattutto lontani dalle nostre zone (Arenzano e Voltri), o comunque non idonei a questo tipo di attività. Due anni – ci racconta Quartino – li abbiamo passati a cercare il terreno adatto, ma nel mentre abbiamo continuato a studiare, in particolare presso l’Istituto Internazionale di Elicicoltura di Cherasco, autentica eccellenza in materia. Quando siamo arrivati qui a Maddalena, abbiamo subito capito di aver trovato il nostro angolo di paradiso.
Dopo aver fatto mille calcoli, con un pizzico di incoscienza, siamo partiti sfruttando al massimo tutta l’estensione che avevamo a disposizione, circa 20mila metri quadrati: non una bazzecola! Abbiamo iniziato i lavori nel marzo 2017 e stiamo finendo proprio in queste settimane. E’ stato un gioco di incastri estenuante: pulizia del terreno, 60 recinti, pozzi per l’acqua, vasche, impianto elettrico, impianto idraulico, attrezzature varie… il tutto condito di burocrazia italiana. Molti sognano di vivere grazie al lavoro della terra. Pochi sanno che è molto dura ancora prima di incominciare. Noi ne eravamo consapevoli e non siamo partiti con l’aspettativa di fare subito il botto, altrimenti avremmo già chiuso. Chi va piano va sano e va lontano… d’altronde, allevando chiocciole, non potrebbe essere altrimenti.
Puoi fornire una breve descrizione del ciclo produttivo?
Per il ciclo produttivo ci sono diverse scuole di pensiero. Noi abbiamo scelto con convinzione quella della “Chiocciola Metodo Cherasco”, sia perché è la più consolidata, sia perché è quella che ci convinceva di più per qualità del prodotto e rispetto del territorio, in accordo con la natura ed i suoi tempi. Si tratta di un allevamento “a ciclo completo naturale”: esclusivamente all’aperto, alimentazione vegetale ed autoprodotta.
Ogni recinto è diviso in due parti, una dedicata alla riproduzione e una all’ingrasso. Ogni parte viene coltivata in modo che le chiocciole abbiano di che nutrirsi all’interno del loro recinto. Un ulteriore 20-25% viene coltivato all’esterno ed introdotto nel recinto per stare al passo della voracità delle chiocciole: è veramente incredibile e inimmaginabile, per chi non ha pratica di questi gasteropodi. La vegetazione coltivata è la stessa fuori e dentro il recinto: bietole, cavolo nero, cavolo cavaliere, diversi tipi di insalata, trifoglio. Le chiocciole in realtà sono onnivore, ma il loro sapore è conseguenza di ciò che mangiano e l’esperienza ultradecennale di Cherasco ha fatto sì che fossero selezionate queste semenze.
Il ciclo inizia nella parte dedicata alla riproduzione – prosegue Quartino – dove si introducono le fattrici. Quando le chioccioline iniziano a diventare grandi e la vegetazione a scarseggiare, si semina nella parte dell’ingrasso. Una volta cresciuta, si toglie la rete che divide le due parti e le chiocciole migrano dove la vegetazione è più fresca ed abbondante. Detta così sembra semplice, ma è un processo estremamente complicato. La raccolta è continua e le quantità dipendono molto dalla stagione. Ad esempio, il caldo umido di questo periodo e le temperature notturne ancora miti stanno facendo esplodere la velocità di riproduzione. Le chiocciole si raccolgono quando sono bordate, vale a dire quando il bordo del guscio presenta una sorta di risvoltino. Più di così non possono crescere. Se invece il bordo è “dentato”, vuol dire che hanno ancora margine di crescita.
La raccolta non è molto semplice e richiede pazienza. Per raccoglierle più facilmente si effettua nelle ore di maggiore attività delle chiocciole che, soprattutto d’estate, è durante la notte. Ci si arma di secchio e si controllano una ad una, senza entrare nel recinto ma sporgendosi dalle reti. Bisogna fare attenzione che non scappino dal secchio e magari a non mettere le mani nella ragnatela di qualche ragno gigante. Una volta raccolte, si mettono in cassette di plastica, come quelle della frutta ma con le maglie più strette, per farle spurgare ed asciugare. Devono rimanere una decina di giorni all’asciutto, senza cibo. Dopodiché si mettono in frigo a temperatura costante intorno ai 4°: riducono al minimo le proprie funzioni vitali e resistono in questo stato anche dei mesi, finché… non finiscono in padella!
Mi preme sottolineare che non usiamo prodotti chimici né pesticidi che, per la capacità delle chiocciole di assorbire metalli e sostanze nocive, ci ritroveremmo direttamente nel piatto. Per l’allevatore ciò richiede uno sforzo in più che necessariamente si riflette sul prezzo, ma anche sulla gioia del palato. Quando i prezzi sono troppo bassi bisogna sempre farsi qualche domanda.
Avete avuto aiuti di vario tipo dagli enti pubblici?
Per quanto concerne la formazione e la progettazione no, abbiamo fatto tutto noi con il provvidenziale ausilio dell’Istituto Internazionale di Elicicoltura. Dal punto di vista economico abbiamo partecipato ad alcuni bandi del Piano di Sviluppo Rurale, fondi europei erogati attraverso la Regione. Sono molto interessanti, ma richiedono una mole di documentazione che spesso fa venire la tentazione di lasciare perdere. Non solo, noi abbiamo presentato le domande ad agosto 2017 e la maggior parte dei contributi deve ancora arrivare. Si è arrivati a questo perché in passato qualcuno ha sgarrato, ed è un peccato. Il PSR è uno strumento fondamentale per sviluppare le attività rurali, ma l’attuale modello è difficilmente sostenibile per chi vuole iniziare una nuova attività o per aziende medio piccole, che sono lo standard della nostra regione.
A questo proposito, faccio un passo indietro. “Chiocciola del Beigua” è formata da tre soci: due dedicati al lavoro in allevamento e uno, il sottoscritto, agli adempimenti burocratici. I bandi del PSR rientrano nelle mie mansioni e mi hanno fatto capire quanto sia difficile per chi ha un’azienda agricola seguire la propria attività quando serve una presenza quasi quotidiana su fatturazione, permessi, tasse, bollette, banca, patentini vari, ecc… Pertanto, a chi si vuole cimentare in esperienze simili do due consigli, a mio giudizio vitali. Il primo è prevedere sempre una divisione dei compiti: si sogna di lavorare la terra, ma avere a che fare con carte di ogni tipo è un dovere a cui non ci si può sottrarre e di cui spesso si sottovaluta la portata, fino a quando non ci si sbatte la testa contro, e basare sempre l’attività su risorse proprie, dato che i contributi PSR e affini non sono mai certi e comunque hanno tempi di erogazione che non permettono di essere tenuti in considerazione per una programmazione a breve-medio termine.
Quali sono i vostri obiettivi futuri? Come procede a livello distributivo l’attività?
Bella domanda! Ogni volta che siamo in allevamento e ci guardiamo intorno ci vengono mille idee, più o meno realizzabili. Prima dobbiamo consolidare produzione ed entrate prima di fare altri investimenti. La prudenza è necessaria ed è sempre meglio fare il passo un po’ più corto della gamba, onde evitare di trovarsi in situazioni spiacevoli. Quando poi si ha un po’ di margine, allora si fa un altro passo. Le chiocciole insegnano ad avere pazienza… Un obiettivo a medio termine è sicuramente quello dell’estrazione della bava. In campo cosmetico e farmaceutico c’è grande richiesta. È un campo sviluppato di recente, ma ha un potenziale superiore a quello gastronomico. I macchinari, però, sono molto costosi ed è necessario attrezzare un ambiente che rispetti determinate norme. Per avere un prodotto di qualità servono investimenti importanti, e qui torniamo al discorso del passo più lungo della gamba.
Sulla distribuzione e sulla commercializzazione dobbiamo ancora strutturarci per bene. Come detto prima, i lavori di allestimento dell’allevamento sono in dirittura d’arrivo e questo non ci ha permesso di concentrarci su questo aspetto, per altro di vitale importanza. Per ora abbiamo rifornito privati e ristoranti che ci hanno contattato. Abbiamo qualche richiesta per sagre per la prossima estate. Ma a parte la nostra pagina Facebook ed il profilo Instagram, non ci siamo ancora fatti una gran pubblicità e finora ha fatto molto il passaparola di amici e parenti. Santi subito! (ride, ndr). Modestamente, la qualità del prodotto aiuta la voce a girare, però si può fare molto di più. Con il letargo invernale avremo più tempo per mettere in moto la macchina: sito Internet, degustazioni nei locali e un uso più mirato dei social.
Quale ricetta consiglieresti ai soci del Consorzio?
L’uso culinario delle chiocciole affonda nella notte dei tempi. Dagli antichi romani al medioevo, arrivando al passato più recente, se ne è fatto un largo uso, tanto da farle rientrare fra le specie protette. La raccolta, infatti, è vietata – sottolinea Quartino – ed è il motivo per cui, in Liguria in particolare, siamo abituati a mangiarle, ma non è semplice trovarle in negozi e ristoranti. Mentre in altre regioni il loro allevamento ha preso campo, in Liguria la nostra azienda è fra le poche eccezioni per la difficoltà di trovare condizione adatte. Detto questo, in questi primi mesi ci siamo confrontati con chi ha comprato le nostre chiocciole e ci sono un sacco di ricette interessanti: al verde, con funghi e patate, fritte, in zemino, gratinate e molti altri modi. I più interessanti li abbiamo messi sui nostri social, ma anche cercando su Internet si trovano delle ricette decisamente appetitose.
Non possiamo che augurare ai nostri nuovi amici della “Chiocciola del Beigua” un buon proseguimento! Noi faremo del nostro meglio per portare all’attenzione del maggior numero di persone possibile l’attività di questi giovani, così legati al loro territorio e alle sue tradizioni.
Intervista a cura di Davide Siviero
Per contatti: