Ecco arrivato anche il mese di ottobre con tutti i frutti dell’autunno che siamo soliti considerare, spesso, con aria distratta, ma che, se ci si soffermasse un momento a riflettere su di loro, ci accorgeremmo di quanto essi rappresentino un autentico tesoro. Uno di questi è la castagna, diffusa ovunque sulle nostre alture, prodotta da alberi dei quali veniva utilizzato tutto. Oltre al loro frutto, queste piante hanno costituito per secoli un’autentica economia e quindi un’irrinunciabile risorsa per gli abitanti dell’entroterra. Il legno del tronco era utilizzato nei modi più svariati: dalle travature delle case, ai mobili, persino molte delle suppellettili di cucina erano ricavate da esso. I rami erano utilizzati per fabbricare delle gerle o per alimentare il fuoco e le foglie, ormai cadute, erano raccolte, pulendo così il sottobosco e costituendo lo strame per il bestiame nella stalla.
Il castagno ha, dunque, costituito un’autentica risorsa per la gente della montagna che lo ha curato ed amato finché quella gente non è scesa vivere nella città, lasciando così il bosco a sé stesso, preda dell’inselvatichimento e dei parassiti che, spesso, hanno decretato la morte e la distruzione di molte di queste piante. Piante con ampie foglie seghettate e che, pur crescendo volentieri in climi temperati tra i 300 e i 1200 metri, sanno resistere abbastanza bene a temperature invernali di parecchi gradi sotto lo zero. Il loro fusto, a seconda della varietà, può raggiungere dimensioni considerevoli soprattutto se la pianta è curata e regolarmente sottoposta a potatura.
Ma qui ciò che interessa a noi è il contenuto del riccio che, tra la fine di settembre e i primi di novembre, si apre lasciando cadere a terra i frutti, caratterizzati dalle varie tonalità di un bel marrone lucido. Delle tipologie di castagne se ne potrebbe parlare a lungo, ma per lo spazio a nostra disposizione, possiamo dire soltanto che esse si distinguono soprattutto per le dimensioni, il colore della buccia, il sapore e, ovviamente, per gli usi che se ne possono fare in cucina dove, oltre alle solite, semplici preparazioni che le vogliono bollite con o senza la buccia oppure arrostite si passa ad una miriade di altre gustosissime ricette. Non per nulla la castagna, in un passato non troppo passato, è stata, per i contadini del nostro entroterra sinonimo di pane. Con questo frutto non si prepara soltanto il lussuoso marron glacé o l’elaborato montblanc; vale la pena ricordare che le castagne appena raccolte venivano anche fatte seccare negli appositi essiccatoi, poi battute per eliminarne la buccia e la sottile pellicina che le ricopre, per poi consumarle successivamente. In alternativa, una volta eseguita questa operazione le castagne, così trattate venivano portate al mulino e ridotte in una farina di un bel colore bruno ambrato con la quale si preparava, oltre al castagnaccio di cui parleremo più avanti, anche un particolarissimo pane e della pasta cosiddetta “avvantaggiata”, termine questo che i maligni dicevano derivasse dal fatto che ad avvalersi del vantaggio fosse propriamente la tasca del contadino. Ed, in effetti, costoro non ebbero tutti i torti poiché la macinatura delle castagne, a differenza di quella dei cereali, non era sottoposta ad alcuna forma di tassazione. Tuttavia il ridurre in farina le castagne essiccate non era l’unico modo per poterle utilizzare anche quando la stagione della raccolta era passata: presso i nostri contadini i metodi principali per poterle conservare erano essenzialmente due: o coprirle di sabbia in appositi contenitori oppure praticare la cosiddetta “novena” che consisteva nell’immergerle in acqua sino a ricoprirle, cambiare per metà l’acqua nei primi quattro giorni e sostituirla completamente nei quattro giorni restanti: metodo, questo che evitava la formazione di muffe; successivamente, andavano asciugate con cura e poste all’aria su un vassoio per un paio di giorni onde completarne l’asciugatura. Trattate in questo modo, si conservavano, in luogo fresco e asciutto, per quasi un trimestre.
Fortunatamente, oggi, le cose si possono fare più velocemente utilizzando il congelatore di casa nel quale potremmo metterle dopo averle inserite in un sacchetto, possibilmente sottovuoto, previo un piccolo taglio sulla buccia. Trattate in questo modo, le nostre castagne potranno essere usate alla pari di quelle fresche anche per preparare le mitiche caldarroste che, anche se più raramente rispetto ad una volta, si possono acquistare nel caratteristico cartoccio agli angoli di strada. Certo, prepararle in casa non è cosa facile, visto che occorrerebbe una padella forata, un fuoco, possibilmente di legna con tutti gli inconvenienti del caso in un appartamento di oggi. Tuttavia un trucco esiste per ottenere un risultato abbastanza simile. Basta scegliere le nostre castagne con una pezzatura il più possibile somigliante per ottenere una cottura uniforme, praticare una taglio sulla buccia incidendo anche un poco la polpa per evitare sgradite esplosioni mentre le si cuociono. Dopodiché esse andranno lasciate in acqua per circa un’ora, trascorso il tempo, basta disporle in una teglia e cuocerle in forno a 180° per una mezz’oretta. Vedrete, il risultato stupirà voi e renderà piacevolissima la serata conversando con i vostri eventuali ospiti ai quali potrete, per buona misura, offrire anche un buon bicchiere di rosso secco e moderatamente frizzante.
Altro modo classico per utilizzare questo frutto, ridotto in farina, è quello di preparare il castagnaccio. Di questo piatto esistono diverse ricette, tra le quali quelle più recenti lo vedono arricchito e impreziosito con ingredienti un tempo sconosciuti alla nostra cucina povera, che utilizzava per l’impasto latte oppure, nei casi più critici, anche soltanto acqua, uva passa se c’era, qualche pinolo nelle zone di crescita dell’apposto pino, il tutto, alla fine, profumato con un fine trito di rosmarino. Or non son più quei tempi, ma, seppur con qualche variante il piatto è rimasto abbastanza simile come possiamo constatare dalla ricetta che il nostro Santino ci propone di seguito:
Le ricette dello Chef Santino
CASTAGNACCIO

Castagnaccio
Ingredienti: 300 gr. farina di castagne, 350 ml di latte, 100 gr. di zucchero, 40 gr. di pinoli, 40 gr. di uvetta ammollata nel rum o nel marsala, 2 cucchiai di olio EVO, 1 cucchiaio di semi di finocchio precedentemente bolliti per ammorbidirli, oppure rosmarino tritato.
Preparazione: Diluire la farina con il latte e un pizzico di sale, mescolando con cure per evitare la formazione di grumi. aggiungere il resto degli ingredienti. Ungere una teglia antiaderente con l’olio EVO, versare il composto che non dovrà superare 1 cm di spessore cospargerlo con l’uvetta già ammollata e asciugata, i pinoli e i semi di finocchio (o il rosmarino). Irrorare con un filo d’olio e infornare a 250° per 15 minuti.
Una volta cotto, lasciar raffreddare e, se piace, passare una spolverata di zucchero a velo prima di servirlo.
Un altro piatto della nostra tradizione, ormai dimenticato quasi del tutto, forse perché considerato troppo vile, come direbbe il buon maestro Pellegrino Artusi, è quello della minestra o zuppa, se si vuole, di riso, latte e castagne. Provate a pensare al famoso “mangiatore di fagioli” di Annibale Carracci e se, nella mente sostituite, per un attimo, i fagioli al piatto appena descritto, avrete la piena dimensione della vita contadina di un tempo. Non manca proprio nulla e da padrona di casa, osserverete sul tavolo una tazza fumante dal candido contenuto. Quante famiglie sfamate in quel modo, con un piatto semplice che si poteva preparare indifferentemente con le castagne fresche o con quelle secche fatte rinvenire in precedenza. Credo valga proprio la pena di provarlo, magari anche per una sola volta: sarà un tuffo nel passato. Credete al vostro Santino! E’ un piatto facile che vi darà soddisfazione magari in una delle prime serate fredde.
MINESTRA DI RISO, LATTE E CASTAGNE

minestra di riso, latte e castagne
Ingredienti: 500 gr. di castagne fresche, 100 gr. di riso, 3,5 dl di latte, un litro e un quarto di acqua, 30 gr. di burro, sale q.b..
Preparazione: togliere la buccia alle castagne, farle ammorbidire in acqua tiepida in modo da eliminare la pellicina, metterle in una pentola con acqua salata, aggiungere un rametto di finocchietto selvatico (oppure due pizzichi di semi di finocchio) e farle bollire per circa un’ora. A metà cottura aggiungere il riso e il latte e il burro.
Un’amica praina D.O.C. mi ha suggerito questa variante, ricordando come veniva preparato questo piatto, che per lei era delizioso, prima dalla nonna e poi dalla mamma. Lessavano prima le castagne, lasciando la pellicina, per poi toglierla quando erano tiepide. Nel frattempo, cuocevano il riso nel latte e dopo circa 15 minuti, aggiungevano le castagne per terminare insieme la cottura. Aggiungevano un poco di burro poco prima di servire.
E, con questo ultimo suggerimento, Santino vi saluta e vi dà appuntamento con un’altra delle sue sorprese, prossimamente sul vostro schermo.