In cucina con Santino – Capitolo IX – CONIGLIO ALLA LIGURE E GOBELETTI

Siamo arrivati anche alla fine di questo mese con un paio di nuove ricette la prima delle quali è dedicata, stavolta, ad un piatto abbastanza insolito per le abitudini di molti: parliamo del coniglio, animale dalle carni particolarmente saporite e, nel contempo, assai delicate, che si prestano a non poche preparazioni. La specie ha origini che si perdono nella notte dei tempi: con certezza sappiamo soltanto che prima dell’era glaciale era diffusa in tutta Europa e che, successivamente, la si ritrovò nel sud della Spagna dove fu scoperta dai soliti Fenici, commercianti giramondo che non faticarono ad apprezzarne le carni.

Successivamente di conigli se ne parla nel mondo romano, dove ben presto si imparò ad allevarli, insieme alle lepri. Tuttavia va detto che, sino a questo periodo, quando si tratti di questo animale, non bisogna pensare all’attuale versione domestica, ma bensì alla sua versione selvatica, caratterizzata principalmente da dimensioni ridotte rispetto all’attuale. Versione che, data la sua proverbiale prolificità, da tre a dodici piccoli, non tardò a ripopolare i territori che, per le allora avverse ed ora mutate condizioni climatiche, aveva abbandonato in precedenza.

Della stessa famiglia della lepre, il coniglio assomiglia a questa per le elevatissime capacità sensoriali-olfattive e per la capacità di mutare la colorazione a seconda delle condizioni ambientali. Più marcate sono, invece, le differenze: la lepre vive sola o in coppia, il coniglio selvatico si organizza in comunità piuttosto estese e scava una miriade di gallerie nel terreno, mentre la lepre cerca soltanto una tana in un incavo naturale. Diverso è anche l’aspetto morfologico: la lepre ha zampe posteriori più lunghe e dimensioni più ridotte. Tuttavia, per arrivare al coniglio, così come conosciuto oggi, si è dovuto attendere ancora parecchio tempo e giungere al XVI secolo, quando alcuni monaci francesi ebbero l’idea di selezionare la specie, cercando di mantenere ed esaltare le caratteristiche più consone allo scopo alimentare. Un importante passo avanti, in questo senso, lo si ebbe nel XIX secolo, con gli studi di genetica, che consentirono una vera svolta anche nella selezione di questa specie.

Un cenno a parte, per i più curiosi, riguarda la diffusione dei conigli selvatici nelle varie parti del mondo ed in particolare in Australia, dove arrivarono a bordo delle navi e qui utilizzati per il sostentamento dell’equipaggio. Tuttavia, visti i lunghi viaggi e l’elevata prolificità, capitava spesso che il numero in eccesso venisse abbandonato in terra ferma, dove poi si riprodussero smodatamente devastando, come nel caso del mondo nuovissimo, ogni coltura possibile e immaginabile. Tralasciamo ora le chiacchiere e passiamo alle pentole dove Santino, messo in testa il rituale cappello, si appresta a raccontarci come si prepara il coniglio alla ligure. Si tratta di un piatto particolare, dal sapore assai gradevole e articolato che celebra, come vedremo, la festa dei sapori e degli odori della nostra terra.

E’ una pietanza che dalla Liguria, visto il suo successo, ha migrato verso ben altre cucine nelle quali, nell’impossibilità di reperire tutte le componenti originali del piatto si è supplito con alcune varianti che non hanno snaturato completamente la ricetta ma che, per i più legati alla tradizione, hanno fatto storcere il naso a tutto vantaggio dell’originalità che ora Santino ci illustra nella ricetta seguente:

CONIGLIO ALLA LIGURE

Ingredienti per 4 persone:

un coniglio da Kg. 1,200/1,400, 1 spicchio d’aglio, 1 cipolla bianca, 1 costa di sedano, 1 foglia di alloro, 1 rametto di timo, 5 cucchiai di olio EVO, 50 gr. di olive taggiasche, 30 gr. di pinoli, ½ bicchiere di vino bianco secco, brodo q. b., sale e pepe nero.

Preparazione:

Una variante tipica dell’entroterra di Imperia é la preparazione del coniglio “allo stecco d’or” che si realizza sostituendo al timo e all’alloro, degli stecchi di lavanda che conferiscono al coniglio un sapore particolare.

far soffriggere nell’olio caldo i sapori, unire il coniglio tagliato in dodicesimi. Farlo rosolare da ambo i lati, bagnare con il vino bianco e far continuare la cottura per 30 minuti circa. Controllare che non si asciughi troppo, eventualmente bagnare con un po’ di brodo, e salare. Aggiungere il rametto di timo, la foglia di alloro, le olive e i pinoli. Far cuocere per altri 40 minuti, controllare sempre che non asciughi troppo durante la cottura e, una volta cotto, pepare e servire caldo.

Coniglio alla ligure

Passiamo ora alla seconda ricetta che, come le altre, deve avere una sua storia da raccontare. Parliamo dei cubelleti (o gubelletti che dir si voglia): sono dei piccoli dolci da credenza tipici del Levante ligure che il profano gabellerebbe come pasticcini mentre, in realtà, questi hanno una loro fisionomia particolare che li pone in un posto d’onore nella tradizione della cucina nostrana. Il loro nome, nonostante le varie e disparate ipotesi formulate, deriva quasi certamente dalla parola francese gobelet con la quale si indica il piccolo bicchierino da liquore, un tempo utilizzato per dare la forma a questa delizia particolarmente gradita a fine pasto, meglio ancora se accompagnata con un bicchiere di Schiacchetrà o con un vino passito.

La preparazione del nostro dolcetto non presenta particolari difficoltà: basta lavorare della pasta frolla ed avere a disposizione della buona marmellata che, per i puristi della tra dizione, dovrebbe essere di mele cotogne. Tuttavia non crediamo sia il caso di esagerare nella puntualizzazione storica per lasciare ad ognuno la soddisfazione del proprio gusto.

I GOBELETTI

Ingredienti per la pasta frolla:

gr. 400 di farina 00, un cucchiaino di lievito vanigliato, scorza di mezzo limone grattugiata (facoltativa), gr. 200 di burro, gr. 150 di zucchero (meglio se al velo), 2 tuorli, un pizzico di sale, gr. 200 di marmellata di albicocche.

Preparazione:

impastare bene la farina con il lievito vanigliato, il burro, lo zucchero, i 2 tuorli, la scorza grattugiata del limone (a piacere) e il pizzico di sale; quando il tutto è ben amalgamato lasciar riposare in frigo l’impasto per un paio d’ore.

Stendere la pasta con uno spessore di ½ cm, e, con due terzi dell’impasto, preparare un numero di dischetti della dimensione sufficiente a ricoprire il fondo e le pareti degli appositi stampini  che abbiamo a disposizione.

Dopo aver rivestito completamente gli stampini (fondo e pareti) con i dischi di pasta frolla riempire ciascuno con un cucchiaio della marmellata di albicocche. Coprire poi ogni stampino con i dischi di pasta frolla realizzati con il terzo dell’impasto messo da parte; chiudere bene i bordi e cuocere in forno già caldo a 180° per 30 minuti. Far raffreddare e spolverizzare con zucchero al velo.

Gobeletti

Detto questo, va da sé che non si possa pretendere da chi decidesse di cimentarsi con questa ricetta che possa disporre dei gobelets in metallo per passarli in forno come si usava una volta. Oggi, presso qualsiasi ferramenta, con una modica spesa, è facile trovare degli stampi in silicone adatti alla bisogna con i quali dare anche delle forme originali a questi piccoli capolavori del gusto. Con questo ultimo suggerimento salutiamo i nostri amici dando loro appuntamento per il prossimo incontro che avrà per argomento due capisaldi della nostra tradizione gastronomica in vista del prossimo Natale.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...